25.10.2023
Quest’anno durante il convegno annuale di Green Cities Europe abbiamo avuto il piacere di invitare come relatrice Francesca Neonato, Dott.ssa Agronomo e Paesaggista AIAPP, PN Studio Milano. Abbiamo colto l’occasione per intervistarla sui punti chiave della sua presentazione, focalizzandoci su una tematica molto interessante: come monetizzare i servizi ecosistemici delle città.
Il nostro progetto Green Cities Europe promuove la presenza di aree verdi nelle città. Nell’ambito delle reti ecologiche come sono composti gli spazi verdi?
Dal punto di vista funzionale una rete ecologica urbana è costituita da diversi elementi fondamentali interconnessi, ispirati a quelli delle reti ecologiche di area vasta a vantaggio della fauna (ISPRA 2008). Di seguito sono riportati alcuni esempi.
Le Aree centrali o nodali (Core Areas) sono aree verdi ad alta naturalità rilevanti per il tessuto urbano, che possono essere soggette anche ad un qualche regime di protezione (come parchi, riserve o siti Natura 2000) o a vincoli urbanistici. Di solito sono incluse in questa categoria i parchi storici con piante monumentali, i grandi parchi urbani, ma anche aree agricole se condotte in modo sostenibile o luoghi abbandonati dall’uomo che sono stati progressivamente riconquistati dalla natura, ospitando specie ed habitat differenti. All’interno di una rete possono essere presenti più di questi elementi, ma perché riescano davvero a svolgere una funzione centrale e baricentrica nel progetto la loro superficie dovrebbe essere superiore ai 3 ettari (Dinetti 2009).
Le Fasce di connessione (Green and Ecological Corridors) sono strutture lineari e continue del paesaggio, di varie forme e dimensioni, che connettono tra di loro le aree nodali e rappresentano l’elemento chiave delle reti ecologiche, perché facilitano la mobilità e lo scambio genetico delle diverse specie, condizione indispensabile al mantenimento della biodiversità. Nel contesto urbano questi sono più propriamente corridoi verdi che facilitano gli spostamenti della fauna, ma risultano utili soprattutto per collegare tra loro parchi e giardini con vie pedonali e piste ciclabili. Si tratta quindi di filari alberati, ampie siepi, così come fiumi e canali con sponde inverdite che scorrono nel tessuto urbano. Per essere efficace, un corridoio verde con un ruolo anche faunistico dovrebbe avere un’ampiezza di circa 20 m (calcolati sulle chiome delle piante) e essere composto da più specie di piante autoctone di semplice mantenimento (Ott, 2008).
Le pietre di guado (Stepping Stones) sono aree di estensione limitata (anche meno di un ettaro) che, per la loro posizione strategica o per gli habitat presenti, diventano importanti per sostenere il corridoio ecologico nel territorio, oppure per ospitare particolari microambienti in aree critiche (ad esempio piccoli stagni in aree agricole). In una città questa funzione può essere svolta da piccole aree verdi, anche private, allineate in posizione strategica lungo le fasce di connessione principali.
Quali sono gli ingredienti per riuscire a superare alcuni ostacoli burocratici che le amministrazioni locali spesso incontrano?
Il modello delle reti ecologiche applicato alla scala urbana prevede che le aree verdi non siano isole, assediate dal costruito e dall’agricoltura intensiva, ma possano essere, almeno parzialmente, collegate tra di loro grazie a corridoi ecologici, elementi verdi lineari che facilitino lo spostamento di persone, piante e animali. In ambito urbano la funzione faunistica, tipica delle reti di area vasta, diventa meno rilevante, perché la rete deve essere progettata soprattutto a vantaggio dei cittadini del comune interessato. Questo implica però un nuovo approccio al verde urbano, che non è più considerato un elemento di arredo e decoro urbano, ma diventa un fornitore di servizi ecosistemici e viene progettato e gestito di conseguenza. Quella che prende forma è quindi una rete ecologica polivalente, che assieme alle funzioni a favore della biodiversità ne accoglie altre, generate dai bisogni dei cittadini e guida gli interventi sul verde urbano in modo da inserirli in un disegno più ampio che amplifichi la loro efficacia.
I benefici che ne conseguono sono, tra gli altri, l’ampliamento delle aree verdi a disposizione dei cittadini, il miglioramento della qualità dell’aria, la riduzione del rumore e del calore estivo, l’assorbimento dell’acqua piovana e il ripascimento della falda acquifera, la mitigazione di strade e costruzioni sgradevoli, tutte modifiche che portano ad un generale miglioramento della qualità della vita immediatamente percepibile. Le reti ecologiche sono anche un’occasione per creare percorsi di “mobilità dolce”, quali sentieri pedonali e piste ciclabili, e di iniziative di educazione ambientale, che generano un maggiore senso di appartenenza ai luoghi da parte dei residenti
Tra le tante funzionalità del verde urbano una è quella di quella di essere habitat per gli animali selvatici. Come possiamo rendere le nostre città più accogliente per queste specie? (Progetto RiconnettiMI ne potresti parlare brevemente?
RiconnettiMI è il progetto promosso dai Comuni di Cormano, Milano, Novate Milanese, dal Parco Nord Milano e della Balossa in risposta ai bandi pubblicati dalla Fondazione Cariplo nell’anno 2014, ottenendo il cofinanziamento richiesto. Come PN Studio ci siamo occupati della componente vegetazionale e faunistica, dalle analisi, ai rilievi alle proposte progettuali.
Il progetto ha inteso tutelare e incrementare la biodiversità e la qualità ambientale, attraverso la redazione di uno studio di fattibilità, che ha individuato l’esatta tipologia e localizzazione degli interventi (di deframmentazione strutturale, di miglioramento ambientale attraverso la ricostruzione di habitat, di mantenimento di alcune tipologie colturali, di diffusione di buone pratiche agronomiche) funzionali alla realizzazione di connessioni ecologiche di vasta scala. Il progetto, quindi, ha individuato interventi volti al potenziamento del capitale naturale attraverso la realizzazione, lo sviluppo e il potenziamento di corridoi ecologici terrestri e fluviali per collegare aree naturalistiche importanti per il mantenimento della biodiversità, quali il Parco Nord Milano e la Balossa. L’ambito di studio ha riguardato un territorio fortemente urbanizzato posto a nord della Città di Milano, in cui le trasformazioni del suolo sono avvenute molto marcatamente ed in modo disorganico in quanto zona di confine tra diverse realtà comunali, ma in cui sono presenti diverse aree (grandi e piccole) con rilevanti valori naturalistici e con una forte identità sociale.
Il titolo del progetto “RiconnettiMi – Perché un riccio passi per il nord Milano” intendeva comunicare quanto le strade siano barriere invalicabili per gli animali selvatici (i mammiferi in particolare) e quanto la frammentazione delle aree verdi sia un elemento di criticità per la natura e la sostenibilità in ambiente urbano. Ha anche voluto rendere esplicito a tutti i cittadini il concetto di connessione ecologica rievocando, a chiunque abbia una sensibilità ambientale, i momenti in cui si è rattristati vedendo un riccio schiacciato da una macchina. Il titolo rende noto, inoltre, che i ricci sono presenti nei parchi e nei giardini dell’area di progetto e che per poter vivere e spostarsi hanno bisogno di aree verdi e di passaggi sicuri tra un’area e l’altra.
Diventa quindi di importanza vitale riconnettere le aree verdi con parchi tra loro collegati da filari alberati, sentieri e piste ciclabili.
Cosa può fare il singolo per migliorare la qualità della vita in città?
Nel libro più avanti citato “Oro verde. Quanto vale la natura in città”, abbiamo dedicato al termine della descrizione di ogni struttura verde urbana, un box dal titolo “Cosa posso fare?”, in cui suggeriamo alcuni semplici consigli rivolti ai cittadini su come poter contribuire a sostenere e rafforzare la biodiversità urbana, come ad esempio installare un bugs hotel o realizzare nel proprio giardino una siepe polispecifica o un piccolo orto familiare.
Parliamo alla “pancia” dei nostri politici. Che valore economico hanno i servizi ecosistemici che annualmente il verde urbano fornisce alla comunità?
Nel 2019 insieme a Francesco Tomasinelli e a Barbara Colaninno, abbiamo pubblicato il libro “Oro verde. Quanto vale la natura in città”, con la finalità di comunicare ai decisori politici che il ‘verde’ non è un costo, ma un investimento.
I metodi e gli strumenti per attribuire un valore economico al verde esistente ed alle aree verdi pianificate e ai relativi servizi ecosistemici sono incerti ed in continua evoluzione. Tale incertezza deriva dalle caratteristiche dei beni ambientali. Questi sono disponibili, gratuiti e spesso pubblici cioè sono beni che dovrebbero appartenere a tutti, ma sono spesso ‘di nessuno’ e quindi chiunque può attingervi. Sono inoltre, caratterizzati da irreversibilità, incertezza e unicità. L’irreversibilità è legata alla capacità di rigenerazione di un bene che può essere compromessa da un uso improprio o da tempi molto lunghi (come i tempi di ricrescita di una foresta). L’incertezza è legata alla non conoscenza degli effetti che le scelte di oggi potranno avere nel futuro (es. i cambiamenti climatici), ma il bene ambientale è unico e non facilmente sostituibile.
Oggi diversi sono gli strumenti e le strategie messe a punto per integrare i servizi ecosistemici nel mercato. A fianco di forme più tradizionali stanno emergendo nuove forme di scambio, quali i PES (Pagamenti per i Servizi Ecosistemici). Con PES si indica una transazione volontaria in cui uno specifico servizio ecosistemico è venduto da un soggetto ad un compratore, se il fornitore del servizio ne garantisce la fornitura. I PES possono essere uno strumento di gestione delle risorse naturali efficace che consente di internalizzare i costi ed i benefici ambientali nel processo decisionale.
Attraverso l’identificazione e la comprensione dei benefici che la natura elargisce, i vari soggetti coinvolti nel processo decisionale (pianificatori, amministratori, docenti, professionisti, ecc.) possono orientare verso un modello di città sostenibile e resiliente. Nel lungo periodo, il mantenimento di ecosistemi urbani efficienti risulta essere la soluzione meno costosa, come dimostrato dal gestore del servizio idrico della città di New York, che ha sottoscritto un accordo con i proprietari forestali del bacino di captazione. Questi si sono impegnati a conservare e gestire i boschi per garantire il deflusso idrico con qualità e quantità costante. La compensazione per il servizio di fornitura di acqua potabile è corrisposta attraverso un’addizionale sulla tariffa idrica, pagata dagli utenti, con un risparmio parziale di circa 6-9 miliardi di dollari altrimenti necessari per realizzare impianti di depurazione.
Diverse sono le iniziative attuate da diverse città in Italia e nel mondo per internalizzare i servizi ecosistemici nella pianificazione, nella gestione e nel bilancio per evidenziare costi/benefici delle diverse opzioni e quindi migliorare il livello di informazione di decisori e amministratori pubblici, per operare scelte consapevoli.
Diamo un valore economico ai Servizi Ecosistemici delle nostre città
Quest’anno durante il convegno annuale di Green Cities Europe abbiamo avuto il piacere di invitare come relatrice Francesca Neonato, Dott.ssa Agronomo e Paesaggista AIAPP, PN Studio Milano. Abbiamo colto l’occasione per intervistarla sui punti chiave della sua presentazione, focalizzandoci su una tematica molto interessante: come monetizzare i servizi ecosistemici delle città.
Il nostro progetto Green Cities Europe promuove la presenza di aree verdi nelle città. Nell’ambito delle reti ecologiche come sono composti gli spazi verdi?
Dal punto di vista funzionale una rete ecologica urbana è costituita da diversi elementi fondamentali interconnessi, ispirati a quelli delle reti ecologiche di area vasta a vantaggio della fauna (ISPRA 2008). Di seguito sono riportati alcuni esempi.
Le Aree centrali o nodali (Core Areas) sono aree verdi ad alta naturalità rilevanti per il tessuto urbano, che possono essere soggette anche ad un qualche regime di protezione (come parchi, riserve o siti Natura 2000) o a vincoli urbanistici. Di solito sono incluse in questa categoria i parchi storici con piante monumentali, i grandi parchi urbani, ma anche aree agricole se condotte in modo sostenibile o luoghi abbandonati dall’uomo che sono stati progressivamente riconquistati dalla natura, ospitando specie ed habitat differenti. All’interno di una rete possono essere presenti più di questi elementi, ma perché riescano davvero a svolgere una funzione centrale e baricentrica nel progetto la loro superficie dovrebbe essere superiore ai 3 ettari (Dinetti 2009).
Le Fasce di connessione (Green and Ecological Corridors) sono strutture lineari e continue del paesaggio, di varie forme e dimensioni, che connettono tra di loro le aree nodali e rappresentano l’elemento chiave delle reti ecologiche, perché facilitano la mobilità e lo scambio genetico delle diverse specie, condizione indispensabile al mantenimento della biodiversità. Nel contesto urbano questi sono più propriamente corridoi verdi che facilitano gli spostamenti della fauna, ma risultano utili soprattutto per collegare tra loro parchi e giardini con vie pedonali e piste ciclabili. Si tratta quindi di filari alberati, ampie siepi, così come fiumi e canali con sponde inverdite che scorrono nel tessuto urbano. Per essere efficace, un corridoio verde con un ruolo anche faunistico dovrebbe avere un’ampiezza di circa 20 m (calcolati sulle chiome delle piante) e essere composto da più specie di piante autoctone di semplice mantenimento (Ott, 2008).
Le pietre di guado (Stepping Stones) sono aree di estensione limitata (anche meno di un ettaro) che, per la loro posizione strategica o per gli habitat presenti, diventano importanti per sostenere il corridoio ecologico nel territorio, oppure per ospitare particolari microambienti in aree critiche (ad esempio piccoli stagni in aree agricole). In una città questa funzione può essere svolta da piccole aree verdi, anche private, allineate in posizione strategica lungo le fasce di connessione principali.
Quali sono gli ingredienti per riuscire a superare alcuni ostacoli burocratici che le amministrazioni locali spesso incontrano?
Il modello delle reti ecologiche applicato alla scala urbana prevede che le aree verdi non siano isole, assediate dal costruito e dall’agricoltura intensiva, ma possano essere, almeno parzialmente, collegate tra di loro grazie a corridoi ecologici, elementi verdi lineari che facilitino lo spostamento di persone, piante e animali. In ambito urbano la funzione faunistica, tipica delle reti di area vasta, diventa meno rilevante, perché la rete deve essere progettata soprattutto a vantaggio dei cittadini del comune interessato. Questo implica però un nuovo approccio al verde urbano, che non è più considerato un elemento di arredo e decoro urbano, ma diventa un fornitore di servizi ecosistemici e viene progettato e gestito di conseguenza. Quella che prende forma è quindi una rete ecologica polivalente, che assieme alle funzioni a favore della biodiversità ne accoglie altre, generate dai bisogni dei cittadini e guida gli interventi sul verde urbano in modo da inserirli in un disegno più ampio che amplifichi la loro efficacia.
I benefici che ne conseguono sono, tra gli altri, l’ampliamento delle aree verdi a disposizione dei cittadini, il miglioramento della qualità dell’aria, la riduzione del rumore e del calore estivo, l’assorbimento dell’acqua piovana e il ripascimento della falda acquifera, la mitigazione di strade e costruzioni sgradevoli, tutte modifiche che portano ad un generale miglioramento della qualità della vita immediatamente percepibile. Le reti ecologiche sono anche un’occasione per creare percorsi di “mobilità dolce”, quali sentieri pedonali e piste ciclabili, e di iniziative di educazione ambientale, che generano un maggiore senso di appartenenza ai luoghi da parte dei residenti
Tra le tante funzionalità del verde urbano una è quella di quella di essere habitat per gli animali selvatici. Come possiamo rendere le nostre città più accogliente per queste specie? (Progetto RiconnettiMI ne potresti parlare brevemente?
RiconnettiMI è il progetto promosso dai Comuni di Cormano, Milano, Novate Milanese, dal Parco Nord Milano e della Balossa in risposta ai bandi pubblicati dalla Fondazione Cariplo nell’anno 2014, ottenendo il cofinanziamento richiesto. Come PN Studio ci siamo occupati della componente vegetazionale e faunistica, dalle analisi, ai rilievi alle proposte progettuali.
Il progetto ha inteso tutelare e incrementare la biodiversità e la qualità ambientale, attraverso la redazione di uno studio di fattibilità, che ha individuato l’esatta tipologia e localizzazione degli interventi (di deframmentazione strutturale, di miglioramento ambientale attraverso la ricostruzione di habitat, di mantenimento di alcune tipologie colturali, di diffusione di buone pratiche agronomiche) funzionali alla realizzazione di connessioni ecologiche di vasta scala. Il progetto, quindi, ha individuato interventi volti al potenziamento del capitale naturale attraverso la realizzazione, lo sviluppo e il potenziamento di corridoi ecologici terrestri e fluviali per collegare aree naturalistiche importanti per il mantenimento della biodiversità, quali il Parco Nord Milano e la Balossa. L’ambito di studio ha riguardato un territorio fortemente urbanizzato posto a nord della Città di Milano, in cui le trasformazioni del suolo sono avvenute molto marcatamente ed in modo disorganico in quanto zona di confine tra diverse realtà comunali, ma in cui sono presenti diverse aree (grandi e piccole) con rilevanti valori naturalistici e con una forte identità sociale.
Il titolo del progetto “RiconnettiMi – Perché un riccio passi per il nord Milano” intendeva comunicare quanto le strade siano barriere invalicabili per gli animali selvatici (i mammiferi in particolare) e quanto la frammentazione delle aree verdi sia un elemento di criticità per la natura e la sostenibilità in ambiente urbano. Ha anche voluto rendere esplicito a tutti i cittadini il concetto di connessione ecologica rievocando, a chiunque abbia una sensibilità ambientale, i momenti in cui si è rattristati vedendo un riccio schiacciato da una macchina. Il titolo rende noto, inoltre, che i ricci sono presenti nei parchi e nei giardini dell’area di progetto e che per poter vivere e spostarsi hanno bisogno di aree verdi e di passaggi sicuri tra un’area e l’altra.
Diventa quindi di importanza vitale riconnettere le aree verdi con parchi tra loro collegati da filari alberati, sentieri e piste ciclabili.
Cosa può fare il singolo per migliorare la qualità della vita in città?
Nel libro più avanti citato “Oro verde. Quanto vale la natura in città”, abbiamo dedicato al termine della descrizione di ogni struttura verde urbana, un box dal titolo “Cosa posso fare?”, in cui suggeriamo alcuni semplici consigli rivolti ai cittadini su come poter contribuire a sostenere e rafforzare la biodiversità urbana, come ad esempio installare un bugs hotel o realizzare nel proprio giardino una siepe polispecifica o un piccolo orto familiare.
Parliamo alla “pancia” dei nostri politici. Che valore economico hanno i servizi ecosistemici che annualmente il verde urbano fornisce alla comunità?
Nel 2019 insieme a Francesco Tomasinelli e a Barbara Colaninno, abbiamo pubblicato il libro “Oro verde. Quanto vale la natura in città”, con la finalità di comunicare ai decisori politici che il ‘verde’ non è un costo, ma un investimento.
I metodi e gli strumenti per attribuire un valore economico al verde esistente ed alle aree verdi pianificate e ai relativi servizi ecosistemici sono incerti ed in continua evoluzione. Tale incertezza deriva dalle caratteristiche dei beni ambientali. Questi sono disponibili, gratuiti e spesso pubblici cioè sono beni che dovrebbero appartenere a tutti, ma sono spesso ‘di nessuno’ e quindi chiunque può attingervi. Sono inoltre, caratterizzati da irreversibilità, incertezza e unicità. L’irreversibilità è legata alla capacità di rigenerazione di un bene che può essere compromessa da un uso improprio o da tempi molto lunghi (come i tempi di ricrescita di una foresta). L’incertezza è legata alla non conoscenza degli effetti che le scelte di oggi potranno avere nel futuro (es. i cambiamenti climatici), ma il bene ambientale è unico e non facilmente sostituibile.
Oggi diversi sono gli strumenti e le strategie messe a punto per integrare i servizi ecosistemici nel mercato. A fianco di forme più tradizionali stanno emergendo nuove forme di scambio, quali i PES (Pagamenti per i Servizi Ecosistemici). Con PES si indica una transazione volontaria in cui uno specifico servizio ecosistemico è venduto da un soggetto ad un compratore, se il fornitore del servizio ne garantisce la fornitura. I PES possono essere uno strumento di gestione delle risorse naturali efficace che consente di internalizzare i costi ed i benefici ambientali nel processo decisionale.
Attraverso l’identificazione e la comprensione dei benefici che la natura elargisce, i vari soggetti coinvolti nel processo decisionale (pianificatori, amministratori, docenti, professionisti, ecc.) possono orientare verso un modello di città sostenibile e resiliente. Nel lungo periodo, il mantenimento di ecosistemi urbani efficienti risulta essere la soluzione meno costosa, come dimostrato dal gestore del servizio idrico della città di New York, che ha sottoscritto un accordo con i proprietari forestali del bacino di captazione. Questi si sono impegnati a conservare e gestire i boschi per garantire il deflusso idrico con qualità e quantità costante. La compensazione per il servizio di fornitura di acqua potabile è corrisposta attraverso un’addizionale sulla tariffa idrica, pagata dagli utenti, con un risparmio parziale di circa 6-9 miliardi di dollari altrimenti necessari per realizzare impianti di depurazione.
Diverse sono le iniziative attuate da diverse città in Italia e nel mondo per internalizzare i servizi ecosistemici nella pianificazione, nella gestione e nel bilancio per evidenziare costi/benefici delle diverse opzioni e quindi migliorare il livello di informazione di decisori e amministratori pubblici, per operare scelte consapevoli.